Cos'è
Per celebrare con un senso profondo i significati dell’8 marzo avevamo previsto due eventi presso la scuola:
una presentazione sulla bellezza della donna nell’arte, con una discussione sul suo ruolo nella società, curata da un gruppo di studenti in collaborazione con alcuni docenti
un incontro con il Giudice Alfredo Bonagura sul tema “La violenza sulle donne. Storie vissute: perché i ragazzi non diventino carnefici e le ragazze non diventino vittime”
Il Giudice ci ha mandato consigliato la lettura di questo libro
Una storia di femminicidio raccontata in modo convincente e avvincente. Vite che s’incrociano, si spezzano, si amano, si odiano. Il clima emotivo è denso: silenzio, piani temporali differenti, percezioni, ricordi. Tutto intorno a una storia di immane violenza che si percepisce nel suo delinearsi dalle voce dei protagonisti. La storia di Nora e di coloro che ruotano intorno alla storia di Nora stessa. Nora diventa tangibile nelle voci corali che animano il testo, cresce la tensione e s’intuiscono la sofferenza, l’oppressione. Un libro che fa riflettere, che apre scenari di emozioni intense. Un viaggio senza ritorno nel mondo “ferito a morte” di chi non ha voce per urlare il suo dolore, di chi non può respirare.
Una ulteriore lettura segnalata dal progetto “Io non odio” è la seguente:
“‘Ferite a morte’ nasce dal desiderio di raccontare le vittime di femminicidio. Ho letto decine di storie vere e ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale. Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società, e che hanno pagato con la vita questa disubbidienza. Così mi sono chiesta: ‘E se le vittime potessero parlare?’ Volevo che fossero libere, almeno da morte, di raccontare la loro versione, nel tentativo di ridare luce e colore ai loro opachi fantasmi. Desideravo farle rinascere con la libertà della scrittura e trasformarle da corpi da vivisezionare in donne vere, con sentimenti e risentimenti, ma anche, se è possibile, con l’ironia, l’ingenuità e la forza sbiadite nei necrologi ufficiali. Donne ancora piene di vita, insomma. ‘Ferite a morte’ vuole dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi. Ma non mi sono fermata al racconto e, con l’aiuto di Maura Misiti che ha approfondito l’argomento come ricercatrice al CNR, ho provato anche a ricostruire le radici di questa violenza. Come illustrano le schede nella seconda parte del libro, i dati sono inequivocabili: l’Italia è presente e in buona posizione nella triste classifica dei femminicidi con una paurosa cadenza matematica, il massacro conta una vittima ogni due, tre giorni.” (Serena Dandini)
Vogliamo ugualmente dedicare un tempo al confornto a distanza, anche nello spirito di quanto suggerito dal Presidente della Repubblica:
«Per i motivi che tutti conosciamo, quest’anno non potremo celebrare la giornata internazionale della donna al Quirinale. Ma desidero egualmente inviare a tutte le donne italiane e a quante si trovano in Italia un messaggio di vicinanza, di solidarietà.
Rivolgo, anzitutto, un pensiero riconoscente alle donne – e sono tante – che si stanno impegnando negli ospedali, nei laboratori, nelle zone rosse per contrastare la diffusione del virus che ci preoccupa in questi giorni.
Lavorano in condizioni difficili, con competenza e con spirito di sacrificio, con dedizione. Con la capacità esemplare di sopportare carichi di lavoro molto grandi. A loro, in special modo, desidero dedicare questa importante giornata.
Da tanto tempo le donne, in tutto il mondo, sono protagoniste di importanti progressi sociali e culturali. In numerose occasioni e in diversi ambiti sono state motori del cambiamento.
Vorrei inoltre sottolineare come le donne contribuiscano, in misura particolare, a cogliere il valore universale e concreto del dialogo, della solidarietà, della pace.
Sostenere e rispettare la condizione femminile, ascoltare le donne vuol dire, in realtà, rendere migliore la nostra società per tutte e per tutti».
Di seguito potete trovare una serie di percorsi di approfondimento:
Donne nella matematica
https://redooc.com/it/medie/scienze/donne-matematica
Carla Lonzi e il femminismo
Donne di scienza
La storia delle donne nella cultura e nella vita civile occidentale è una storia di oscuramento ed emarginazione fino alla fine dell’Ottocento e in gran parte ancora fino alla metà del Novecento.
In molti paesi in via di sviluppo, ancora oggi non sono riconosciuti alle donne i più elementari diritti umani.
Ancora oggi, nella nostra società, le donne sono soggette a diverse forme di discriminazione e di violenza, che culmina in alcuni casi estremi con l’assassinio.
Non ci addentreremo in un’analisi dell’origine di questa situazione che risale molto indietro nei secoli.
Possiamo fare soltanto qualche semplice considerazione: forse già nelle epoche preistoriche, la forza fisica necessaria per sopravvivere, le numerose gravidanze e il lungo periodo di allattamento e di cura della prole hanno portato alla differenziazione dei compiti. Il desiderio maschile di assicurarsi l’identità della propria discendenza ha determinato inoltre il desiderio di controllo della sessualità e più estesamente della libertà femminile, attraverso il controllo del corpo e della mente attuato in varie forme e modalità.
L’alienazione delle donne dalla dimensione intellettuale dell’esistenza è una di queste.
La speculazione intellettuale, soprattutto di carattere scientifico, è appartenuta per millenni al sesso dominante, quello maschile, e ciò ha comportato una sostanziale preclusione della componente femminile dell’umanità alle vie della conoscenza. Questo ha limitato molto la loro partecipazione
allo sviluppo della scienza, alla sua narrazione e trasmissione.
Una buona parte di questa operazione è stata affidata alla religione: l’istituzione maschile d’eccellenza che in occidente ha operato con maggior costanza per l’esclusione, in particolare delle donne, dall’esercizio del pensiero e della libera ricerca è la chiesa cattolica.
Anche se, paradossalmente, per secoli le donne che potevano avere accesso all’istruzione erano proprio quelle rinchiuse nei conventi.
Lontane dalle università e dalle accademie, isolate, le donne che sono emerse nel passato erano soprattutto umaniste, pittrici, scrittrici, poetesse, ma molto più raramente scienziate. Infatti, chi ha attitudini artistiche o letterarie può emergere anche senza una preparazione specifica, mentre le scienze, e in particolare le cosiddette scienze “dure” come matematica e fisica richiedono una preparazione di base, senza la quale è quasi impossibile progredire.
Solo quelle poche favorite dall’avere un padre, un fratello o un marito o un’amante scienziato disposto a condividere le proprie cognizioni, potevano farsi una cultura scientifica. Basta ricordare che ancora all’inizio del XX secolo in molti paesi europei alle ragazze era precluso l’accesso alle
università ed anche ai licei.
Perciò le donne, escluse dalle università, escluse dall’educazione scientifica, sono emerse là dove potevano emergere.
Così è sorto il pregiudizio secondo cui le donne sarebbero più adatte alle materie letterarie e linguistiche che non a quelle scientifiche. Ancora oggi le stesse ragazze crescono in mezzo a questi pregiudizi e se ne lasciano influenzare, scegliendo le facoltà umanistiche o quelle che sono strettamente connesse alle cure della persona, come nel caso degli studi di medicina, anche contro le loro naturali inclinazioni, contribuendo così a rafforzare i pregiudizi stessi.
Alcune donne sono riuscite comunque a superare i limiti dei vincoli culturali delle epoche in cui sono vissute. Hanno superato i pregiudizi circa la loro inadeguatezza e sono arrivate a condurre indagini conoscitive approfondite e significative in ambito scientifico. Alcune di queste hanno pagato duramente (anche con la vita) la loro disobbedienza e sono state se non eliminate fisicamente disconosciute nella trasmissione del sapere, cancellate dalla storia, innominate.
Eppure Le prime testimonianze femminili in campo scientifico, come vedremo, risalgono alla Preistoria.
Attualmente, almeno tra i Paesi civilizzati, la situazione è cambiata, ma specialmente in campo scientifico e tecnologico è innegabile che ci sia ancora un notevole gap tra uomini e donne che si concretizza emblematicamente nella differenza degli stipendi e in incarichi di responsabilità.
Sperando che possa essere uno stimolo all’impegno, rendiamo allora omaggio alla decina di donne che hanno vinto il Premio Nobel per la ricerca scientifica, da quando questo è stato istituito fino ad oggi (un numero davvero esiguo): Marie Curie-Sklodowska (nel 1903 per la fisica e nel
1911 per la chimica), la figlia Irene Joliot-Curie (nel 1935 per la chimica), Maria Goeppert-Mayer (nel 1963 per la fisica) Dorothy Crowfoot Hodgkin (nel 1964 per la chimica), Anna Yodath (nel 2009 per la chimica), Elinor Ostrom (nel 2009 per l’economia) e per la medicina Gerty Cori-Radnitz nel
1947, Rosalyn Sussman Yalow nel 1977, Barbara McClintock nel 1983, Rita Levi-Montalcini nel 1986, Gertrude Elion nel 1988 e Cristiane Nüsselein-Volhard nel 1995, Linda Buck nel 2004, Francoise Barrè-Sinoussi nel 2008, Elizabeth Blackburn nel 2009…..
Potete vedere la presentazione allegata
Prof.ssa Marina De Felici
Tina Anselmi e Nilde Iotti: due donne in politica
La questione del voto alle donne